Replying to Isabella Ragonese, da Due vite per caso a Cannes: “Per me un anno bellissimo”
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MatissePosted: 29/5/2010, 11:22
CITAZIONE
È il volto pulito del nostro cinema. Giovane convincente, non stereotipata in umoralità di personaggi ricorrenti, con una confortante base di studio e ricerca esercitata nel teatro. E soprattutto brava.
Isabella Ragonese è quello che serve per risollevare il cuore in un panorama nazionale in cui i nostri attori spesso ricadono in ripetizioni di se stessi. Ed ecco che dopo averla conosciuta come ragazza-call center in Tutta la vita davanti, vista recentemente come amante della Solarino in Viola di mare e innamorata indecisa in Dieci inverni, ora la ritroviamo nella ostica opera prima di Alessandro Aronadio, Due vite per caso (dal 7 maggio nelle sale).

Accanto a lei Lorenzo Balducci, perno del film e strano caso del nostro cinema: attore interessante capace di intensità profonde, eppure poco utilizzato e presente soprattutto in produzioni internazionali e di nicchia.
È lui Matteo, il poco più che ventenne che in una notte qualunque tampona un’auto della polizia finendo in questura perché non è docile mentre viene pestato gratuitamente. Quell’evento gli cambia la vita, scavando in lui rabbia e frustrazione. Ma quell’evento potrebbe anche non essere avvenuto, e tutto potrebbe scorrere senza impulsi vitali come sempre e con la stessa sensazione di non poter scegliere niente. Ecco così che Arnodio apre uno sliding doors di possibilità, come una clessidra che presenta due alternative opposte e così simili: puoi ritrovarti black bloc a una manifestazione o essere il carabiniere che ti sta per sparare, la sostanza non cambia e dietro ritrovi sempre te stesso e lo stesso disagio.

Anche se la ricostruzione di fatti che possono far pensare al G8 di Genova o all’uccisione del poliziotto Raciti a Palermo è senz’altro approssimativa, con Due vite per caso il trentaquattrenne cineasta ci regala un interessante esordio. La sua regia è sensibile, con riprese pensate, tagli temporali intelligenti e un denso soffermarsi sui dettagli, dalla mosca sul vetro bagnato al sorriso di un bambino sull’autobus. Con le chicche di Tatti Sanguineti alle prese con l’analisi de I quattrocento colpi di François Truffaut e un adorabile Rocco Papaleo brontolone e pungente.
E in tutto questo, Isabella Ragonese è la fidanzata di una delle due ipotesi di vita di Matteo (Balducci). La incontriamo e quando le facciamo i complimenti per essere una delle più belle realtà attoriali italiane risponde, con la voce che risuona spesso in sorriso, “grazie, mi stupisco sempre di questo”.

Isabella, Due vite per caso, un po’ come Tutta la vita davanti, descrive il disagio dei giovani di oggi: sembra ci siano più strade davanti e invece alla fine non si hanno scelte. Condivi il punto di vista del regista Aronadio? E come vedi la tua generazione di ventenni?
Non avevo pensato a questo accostamento… In entrambi i film si parla del clima che stiamo vivendo, non solo dei ventenni e succede perché facendo film contemporanei e non d’epoca non si può non parlare di questo. L’importante è avere l’opportunità di parlarne da punti di vista diversi, come Tutta la vita davanti e Due vite per caso fanno. Il film di Aronadio più che dare un messaggio lascia una sensazione molto forte, un senso di impotenza, una rabbia repressa che rimane sterile o diventa sfogo di violenza gratuito. Domina un senso di inattività. A volte anch’io penso che si dovrebbe scendere in piazza per tanti motivi… ma poi effettivamente le ragioni sarebbero così tante che si resta immobili. La maggioranza silenziosa dei ragazzi è tutta nel protagonista.
Il mio personaggio invece forse è più attivo, ha più energia, è lei il motore della storia d’amore, porta Matteo alla manifestazione, lo educa… Matteo invece è un personaggio grigio, si lascia agire dagli altri.

Infatti Sonia, il tuo personaggio, rimane distaccata dalla rabbia e dal disagio del compagno. E anche episodi di fatale follia a cui il film rimanda coinvolgono soprattutto uomini, dall’omicidio di Carlo Giuliani a quello del tifoso Gabriele Sandri. Credi che le donne sappiano reagire meglio alla frustrazione e all’apatia?
Nel film Sonia trova il suo modo di essere grazie all’impegno sociale. Non riesco però a fare discorsi generali. In Dieci inverni invece ho interpretato l’indecisione… In fondo siamo tutti nella stessa barca. Poi per una donna è difficile non entrare in una categoria: la bonazza, l’isterica… Io tento sempre di stare fuori da queste cose, sia lavorativamente che umanamente.

Com’è stato lavorare accanto a Lorenzo Balducci?
Non lo conoscevo prima, l’avevo visto solo in Gas di Melchionna. Penso che per lui il ruolo di Due vite per caso sia molto importante e che nel personaggio ci sia anche molto del suo. Lorenzo ha questa calma apparente, la sua persona è un falsopiano: sembra anonimo ma traina tutto il film.

Aronadio è un regista esordiente, come lo era Valerio Mieli di Dieci inverni. Ti piace lavorare con i giovani? Come scegli le tue parti?

Finora mi sono affidata all’istinto. Ho lavorato con registi più importanti e in quel caso ti senti più protetta, li conosci già, puoi vedere i loro film precedenti. Con i giovani è un salto nel buio ma allo stesso tempo sono anche meno messi alla berlina dalla critica. Come attore, però, c’è bisogno di dar loro più tempo ed energia. Mieli e Aronadio mi hanno entrambi colpito perché pur essendo all’esordio sono molto precisi in quello che vogliono, hanno idee chiare e una cultura cinematografica molto forte, il primo più preparato sul cinema francese e orientale, l’altro su quello europeo. Aronadio ha inserito molte citazioni cinematografiche anche nel film… e poi Due vite per caso è stato selezionato per la sezione Panorama del Festival di Berlino! Sono persone con motivazioni molto forti e spero che non siano attesi alla loro seconda opera per esser distrutti.




Può un episodio apparentemente insignificante cambiarci la vita, come capita in Due vite per caso? Ti è capitato?
Per com’è il mio carattere non mi piace pensare che siamo affidati al caso, mi piace credere che c’è il libero arbitrio. Anche se però ho iniziato con il cinema proprio per caso, ero a Palermo e pensavo a recitare in teatro e nient’altro, anche perché altrimenti mi sarei trasferita a Roma. Devo quindi ammettere che l’occasione cambia la vita. Il difficile è mantenere le aspettative: si ha partecipazione attiva proprio nel mantenerle.

Presto sarà la volta di Cannes e sarai tra i protagonisti di La nostra vita di Daniele Lucchetti, unico film italiano in concorso. Come ti senti?
Felicissima. E il film è bellissimo! Il festival di Cannes è importantissimo e ora tutte le mie attenzioni sono lì. E poi il film sarà presentato il 19 maggio, il giorno dopo il mio compleanno…

Cosa ti aspetti dalla Croisette?
Cannes è una finestra sul mondo per vedere come viene accolto un film. E ci vado con un prodotto in cui credo tanto. Ai premi non ci penso neanche: già esser stati presi mi lascia ben sperare.

In La nostra vita ritrovi Elio Germano…
Sì! Farei un contratto per lavorare sempre con lui. È straordinario e qui è in una delle sue più belle interpretazioni. Elio ti facilita il lavoro, ti fa succedere le cose sul set. E poi mi ha un po’ battezzato: è stato con lui (in Tutta la vita davanti, ndr) il primo ciak.

E ora a cosa stai lavorando?
Mi sono fermata perché l’anno scorso, presa dall’ansia di aver iniziato tardi a fare cinema, ho lavorato tanto. A settembre uscirà Il primo incarico di Giorgia Cecere, pellicola a basso budget in cui interpreto una maestrina anni ‘50. E poi… il lavoro su un film prosegue dopo l’uscita in sala: c’è da seguirlo, promuoverlo, presentarlo… Quest’anno è stato molto bello perché ho potuto vedere i festival, sentire dal vivo l’applauso del pubblico, incontrare altra gente, tra Berlino, il MIFF e ora Cannes… Sono più dinamica ora che quando sono sul set. Quando non lavori lavori anche di più

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